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Diritto Penale

131 bis c.p. - ABITUALITÀ COMPORTAMENTO - Cass. V Sez., 15 dicembre 2020, sentenza n. 35910

LA MASSIMA

Ai fini del riconoscimento del beneficio di cui all’art. 131 bis. c.p., occorre soppesare la durata della violazione e in particolare se la condotta sia espressione di una situazione episodica ovvero se la reiterazione dei reati sia sintomatica della frequenza e durata della violazione nonché della loro pervicacia.


IL CASO

La vicenda in esame trae origine da una sentenza del Tribunale con la quale l’imputato veniva riconosciuto colpevole del delitto di tentato furto di un giocattolo in danno di un supermercato, con il riconoscimento della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità in regime di equivalenza alla contestata circostanza aggravante della recidiva, reiterata, specifica.

La Corte di appello, adita dall’imputato poiché la sentenza del Tribunale non aveva riconosciuto in suo favore la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p., confermava la decisione di prime cure, valorizzando i trentadue precedenti penali specifici annoverati nel certificato del casellario giudiziario del ricorrente, ancorché risalenti a dieci anni prima del fatto.

Avverso tale pronuncia, l’imputato proponeva ricorso in Cassazione per violazione dell’art. 131- bis c.p.


LA QUESTIONE

La questione sottesa alla decisione in esame concerne l’ambito di operatività dell’istituto della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis, dal quale sono radicalmente esclusi i cosiddetti “comportamenti seriali”.

Ciò nonostante, è controverso se l’esistenza di una serie di precedenti penali specifici, risalenti nel tempo, integri automaticamente il requisito dell’abitualità del comportamento, idoneo ad escludere l’applicabilità della causa non punibilità.


LA SOLUZIONE

La Corte di Cassazione, confermando l’orientamento prevalente in materia, ha evidenziato che la mera esistenza di lontani precedenti dell’imputato non può automaticamente essere valutata come indice rivelatore di un agire criminoso seriale, sintomatico di una dimestichezza del soggetto agente con l’illecito.

L’apprezzamento in ordine all’abitualità del comportamento, preclusiva dell’applicazione dell’istituto ex art. 131-bis c.p., deve essere effettuato con un taglio che sia in grado di conferire concretezza a quella “serialità delle condotte” che ne rappresenta l’elemento caratterizzante; in tal modo non è possibile prescindere, nel giudizio da compiere in relazione ad essa, dalla valutazione del tempo di commissione dei precedenti reati, onde verificare se quello per il quale è invocata l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto sia espressione di una situazione episodica ovvero riveli una frequenza nel tempo delle violazioni di precetti posti a presidio di determinati beni giuridici.

Per questa ragione, non sono in alcun modo ammessi rigidi automatismi valutativi, poiché incoerenti con la finalità deflattiva che l’istituto de quo è chiamato a perseguire: la serialità delle condotte, quindi, deve essere oggetto di una adeguata contestualizzazione per rilevare quale indice di abitualità del comportamento penalmente rilevante.

Per tale motivo, non essendo stata fornita alcuna prova sull’abitualità del comportamento criminale, la Corte di Cassazione annulla con rinvio la sentenza della Corte di appello, limitatamente al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p.


Segnalazione a cura di Gabriella Loizzo




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