Installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche: art. 617 bis c.p.
A cura di Alessia Perla
L’art. 617 bis c.p. punisce il delitto di installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche e stabilisce che “chiunque, fuori dei casi consentiti dalla legge, installa apparati, strumenti, parti di apparati o di strumenti al fine di intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso in danno di un pubblico ufficiale nell'esercizio o a causa delle sue funzioni ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato”.
Il BENE GIURIDICO TUTELATO dalla disposizione in esame, introdotta dall’art. 3 della Legge n. 98 dell’8 aprile 1974, è la segretezza e la libertà delle comunicazioni e conversazioni telegrafiche o telefoniche, nel rispetto del disposto dell’art. 15 Cost. in una fase prodromica a quella della effettiva lesione del bene stesso [VIGNA-DUBOLINO].
A tal proposito, la dottrina ha osservato come la norma sia stata introdotta per arginare le conseguenze derivanti dalla semplice reperibilità sul mercato di apparecchiature idonee all’abusiva intercettazione attraverso l’autonoma sanzione di fatti che, in assenza della norma, avrebbero al più potuto essere punite ai sensi del combinato disposto degli artt. 56 e 617 c.p. e, quindi, a solo titolo di tentativo [VIGNA-DUBOLINO; RAMAIOLI; PISA; MONACO]. Il reato è, dunque, una fattispecie di pericolo in quanto appresta una tutela anticipata alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni telegrafiche e telefoniche intercorrenti tra soggetti terzi rispetto all’autore materiale della condotta. Si dubita, a tal proposito, se si tratti di fattispecie di pericolo concreto ovvero di pericolo astratto.
Il SOGGETTO ATTIVO del reato può essere “chiunque”, trattandosi di un reato comune, a eccezione delle persone tra le quali la conversazione o comunicazione si svolge. Particolari qualifiche soggettive sono richieste a titolo di aggravante dal secondo comma. In particolare, la richiamata disposizione punisce più gravemente il “pubblico ufficiale” o “l’incaricato di pubblico servizio” che agisca con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio ovvero “l’investigatore privato” che eserciti, anche abusivamente, la professione.
La CONDOTTA CRIMINOSA consiste nella installazione, anche solo parziale e non necessariamente permanente [VIGNA], di apparati e strumenti oggettivamente idonei a intercettare o impedire la conversazione o la comunicazione telegrafica o telefonica.
Per comunicazione deve intendersi la trasmissione, con qualsiasi mezzo, del pensiero umano tra due o più soggetti, di cui la conversazione rappresenta una species. [MANTOVANI]
Poiché la comunicazione è tutelata dalla norma penale nel suo momento dinamico, ossia nel momento della trasmissione, il testo di una conversazione già avvenuta e inserito in un supporto dinamico rientra nell’alveo della corrispondenza, la cui tutela è apprestata dall’art. 616 c.p. [MANZINI, MANTOVANI].
Non rileva, pertanto, ex art. 617 bis c.p. l’installazione, all’interno dell’abitacolo di privati autoveicoli, di strumenti idonei alla registrazione delle sole conversazioni dei soggetti presenti nella vettura.
Con l’espressione “apparati, strumenti, parti di essi” si intende qualsiasi apparecchiatura volta a captare conversazioni altrui [ANTOLISEI; MANTOVANI].
È opinione condivisa in dottrina che, ai fini della configurabilità del reato, non sia necessaria l’effettiva intercettazione o registrazione di altrui comportamenti o comunicazioni, dovendosi avere riguardo alla sola attività di installazione e non anche a quella successiva di intercettazione o impedimento delle altrui comunicazioni che rileva solo come fine della condotta [VIGNA-DUBOLINO].
Presupposto indispensabile per la configurabilità del reato è la idoneità all’intercettazione della strumentazione installata.
Peraltro, la struttura dei reati a dolo specifico è assimilata a quella del tentativo dalla dottrina che richiede, anche per i primi, la concreta idoneità e pericolosità dei mezzi rispetto all’offesa. Conseguentemente, la valutazione della idoneità va fatta in concreto con riferimento alla effettiva idoneità a rendere possibile l’intercettazione o l’impedimento della comunicazione [VIGNA].
Si discute se rilevi l’idoneità in concreto, intesa quale effettiva idoneità a rendere possibile l’intercettazione o l’impedimento di una certa quantità, anche ristretta, di comunicazioni [VIGNA] ovvero l’idoneità in astratto [ANTOLISEI] secondo cui la fattispecie si perfezione in presenza di un apparecchio astrattamente idoneo a conseguire le finalità presidiate dal precetto penale.
Di diverso avviso è la giurisprudenza che, con un consolidato orientamento, pone sul piano dell’astrattezza la valutazione della idoneità degli apparecchi istallati, escludendo la punibilità soltanto nel caso di assoluta inidoneità allo scopo. L’orientamento assolutamente prevalente della giurisprudenza pone l’accento sulla anticipazione della tutela della riservatezza e della libertà delle comunicazioni mediante l’incriminazione di fatti prodromici alla effettiva lesione del bene punendo l’installazione, anche solo parziale, di apparati o strumenti per intercettare ovvero impedire conversazioni o comunicazioni. Pertanto, ai fini della configurabilità del reato deve aversi riguardo al solo momento dell’installazione e non anche a quello della intercettazione o dell’impedimento delle altrui comunicazioni che rileva solo come fine della condotta. Quindi, il reato si consuma anche se gli apparecchi installati, salvo il caso di una loro inidoneità assoluta, non abbiano funzionato o non siano stati attivati (Cass. pen., sez. II, n. 37710 del 24 settembre 2008; Cass. pen., sez. V, n. 37557 del 12 maggio 2005).
Deve, tuttavia, sottolinearsi che la tesi dell’idoneità in concreto appare maggiormente coerente sia con il principio costituzionale di offensività – dovendosi escludere la punibilità dell’azione che, per quanto tipica, sia inidonea a offendere il bene protetto [PETRONE] – sia con la struttura dei reati a dolo specifico, la cui struttura, secondo la più recente dottrina, dovrebbe essere assimilata a livello sistematico a quella del tentativo, richiedendosi anche per essi l’oggettiva idoneità e pericolosità dei mezzi rispetto all’offesa [MARINUCCI-DOLCINI-GATTA].
Con riguardo al concetto dell’altruità della comunicazione o conversazione deve ritenersi che sia tale quella che intercorre tra soggetti diversi dal soggetto attivo del reato, anche se si tratta di suoi familiari.
A tal proposito, in giurisprudenza è stato evidenziato che l’altruità deve riguardare le comunicazioni e non l’apparecchio telefonico sul quale viene operata l’installazione. Pertanto, il reato di cui all’art. 617 bis c.p. non è escluso dalla circostanza che l’installazione abbia riguardato telefoni di proprietà del soggetto agente ove l’installazione, utilizzata da soggetti terzi, sia finalizzata a intercettare le comunicazioni cui il soggetto attivo non partecipa (ex multis Cass. pen., 18 marzo 2003; Cass. pen., 6 ottobre 1999).
I SOGGETTI PASSIVI del reato sono genericamente coloro – diversi dal soggetto agente - tra i quali intercorre la conversazione o la comunicazione. Infatti, affinché possa parlarsi di intercettazione in senso tecnico è necessario che il soggetto agente si inserisca nel canale dal quale è escluso con meccanismi che consentano di percepire quanto affermato da entrambi gli interlocutori. Una particolare qualifica del soggetto passivo è prevista dal secondo comma che stabilisce un aggravamento di pena per l’autore del reato che agisca in danno di un pubblico ufficiale nell’esercizio o a causa delle sue funzioni.
L’ELEMENTO SOGGETTIVO del reato è il dolo specifico, in quanto deve essere commesso al fine – di cui non è richiesta l’effettiva realizzazione – di intercettare o impedire conversazioni o comunicazioni telegrafiche o telefoniche intercorrenti tra soggetti terzi. È richiesta, oltre alla conoscenza e volontà di installare apparati o strumenti idonei alla intercettazione, anche il fine specifico di intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni tra altre persone. Ne deriva che la ravvisabilità del profilo soggettivo è esclusa solo dalla presenza di un fine del tutto incompatibile con quello descritto dalla norma. A tal proposito, la dottrina ha rilevato come il fine sia agevolmente rinvenibile nella stessa integrazione del fatto materiale di reato che difficilmente può essere commesso per scopi diversi dal porre in funzionamento, per qualsiasi ragione e a qualsiasi ulteriore finalità, l’impianto installato [MANTOVANI].
La CONSUMAZIONE del delitto coincide con l’installazione delle apparecchiature senza che sia necessario che l’intercettazione o l’impedimento delle conversazioni o delle comunicazioni telefoniche o telegrafiche avvenga. Ciò che conta, infatti, è l’idoneità delle apparecchiature a perseguire il fine indicato nella norma.
Il TENTATIVO, trattandosi di reato di pericolo a consumazione anticipata, dovrebbe escludersi a priori, diversamente sanzionandosi un pericolo di pericolo [MANTOVANI]. Tuttavia, il tentativo si è ritenuto configurabile nell’ipotesi in cui il soggetto agente venga sorpreso nell’atto di installare l’apparecchiatura idonea all’intercettazione.
CIRCOSTANZE
L’art. 617 bis, co. 2, c.p. prevede una circostanza aggravante a effetto speciale che comporta la pena della reclusione da uno a cinque anni nel caso in cui il fatto descritto nel co. 1 sia commesso in danno di un pubblico ufficiale nell’esercizio o a causa delle funzioni ovvero da un pubblico ufficiale con abuso di poteri o violazione dei doveri inerenti alla funzione o da chi esercita anche abusivamente la funzione di investigatore privato. L’aggravante in commento non si applica, invece, all’incaricato di pubblico servizio.
CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE
a) La Cassazione ha escluso l’applicabilità dell’esimente dell’esercizio del diritto nei confronti del titolare dell’utenza che aveva installato una apparecchiatura idonea a intercettare le conversazioni telefoniche che sarebbero intercorse tra il coniuge e l’amante, posto che i doveri di solidarietà derivanti dal matrimonio non sono incompatibili con il diritto di riservatezza di ciascuno dei coniugi (ex multis Cass. pen., 18 marzo 2003; Cass. pen., 23 gennaio 2001). È parimenti esclusa la scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca (ex multis Cass. pen., 3 giugno 2008).
b) Quanto alla scriminante della legittima difesa la Cassazione ne ha escluso l’operatività sulla scorta dell’assenza dell’attualità del pericolo (ex multis Cass. pen., 9 maggio 1988) e comunque per mancanza degli estremi della necessità e della proporzione richiesti dall’art. 52 c.p.
c) La Cassazione ha altresì escluso la scriminante del consenso dell’avente diritto in relazione alla installazione di uno spy-software sul cellulare del coniuge, posto che l’eventuale consenso all’intrusione rileva al più come un post – factum non punibile che non scrimina il reato che si consuma al momento dell’installazione del software medesimo (ex multis Cass. pen. Sez. V, 18 marzo 2019).
RAPPORTI CON ALTRI REATI
a) Il reato di cui all’art. 617 bis c.p. concorre con quello di cui all’art. 617 c.p. nel caso in cui l’intercettazione della comunicazione o il suo impedimento si siano effettivamente verificati (ex multis Cass. pen., 29 marzo 2001) [VIGNA-DUBOLINO]
b) Con riferimento al rapporto del delitto in esame con la fattispecie di interferenze illecite nella vita privata di cui all’art. 615 bis c.p., la giurisprudenza ha ritenuto configurare la prima fattispecie nell’ipotesi in cui la condotta si sostanzi nella installazione di un radio telefono contenente una microspia o comunque di un impianto idoneo alla intercettazione di conversazioni, essendo tale condotta finalizzata alla intercettazione telefonica e non alla mera registrazione sonora o di immagini (Cass. pen., sez. V, 11 agosto 2005; Cass. pen., sez. II, 29 marzo 2988).
PROFILI PROCESSUALI
A norma dell’art. 240, co. 2, n. 1 bis, c.p. è applicabile la confisca obbligatoria dei beni e degli strumenti informatici o telematici che risultino essere stati in tutto o in parte utilizzati per la commissione del reato, anche in caso di definizione del procedimento ai sensi dell’art. 444 c.p.p. e salvo che la cosa o il bene o lo strumento informatico o telematico appartenga a persona estranea al reato.
I beni così confiscati sono affidarti agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l’impiego in attività di contrasto ai crimini informatici ovvero ad altri organi dello Stato per finalità di giustizia (art. 86 bis disp. att. c.p.p. così come introdotto dall’art. 2 l. 15 febbraio 2012, n. 12).
Il co. 2, n. 1 bis, dell’art. 240 è stato modificato dal D.lgs. 29 ottobre 2016, n. 202, in attuazione della Dir. n. 2014/42/UE, che ha esteso la confisca obbligatoria anche al profitto e al prodotto dei delitti ivi indicati e ha previsto in via sussidiaria anche la confisca per equivalente di beni di valore parti al profitto o al prodotto di tali reati.
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